13 dicembre 2016
(disse: ho un figlio terrone nato a Caserta e una figlia polentona nata a Pavia. Si prenderanno in giro tutta la vita, saranno sempre fratelli.)
Per gli amanti del Basket (con B maiuscola non a caso), non occorre “spiegare Oscar”, è nella Storia del “nostro” sport…
Per gli altri: brasiliano, giocatore di basket, in Italia ha giocato a Caserta e Pavia… semplicemente un grande, dentro e fuori dal rettangolo di gioco.
Leggo il racconto con i ricordi di Luca Corsolini (tre minuti ben spesi, leggetelo…), in cui emerge, inevitabilmente, tutto l’affetto che una persona come Oscar Schmidt ha saputo conquistare, non solo nel cuore dei suoi tifosi…
Aggiungo solo un ricordo, ancora vivo e piacevolissimo…
il 5 ottobre di molti anni fa Luca Corsolini invitò me e Susanna a cena, a Milano.
Era il suo compleanno ed era il compleanno anche di suo papà Gianni (il mitico “Duca di Carimate”).
C’erano altri due invitati: Oscar e sua moglie Cristina.
Fu una serata molto divertente, Oscar si rivelò un barzellettiere incredibile…
e potrei continuare anche con le altre tre volte in cui mi capitò di incontrare Oscar…
Luca Corsolini
Ovviamente, ricordo tutto. Ovviamente, mi vergogno un po’di aver perso i contatti con Oscar e la sua famiglia che non sono stati, sono una ricchezza della mia vita.
Mi ricordo il coro della curva.
L’orgoglio di essere meridionali che io cantavo a Milano questa volta sì, senza vergogna.
Mi ricordo la trasferta da Cantù a Villeurbanne col pensiero che Oscar per le regole di allora non potesse entrare in Francia.
Giancarlo Sarti mise tutti in pace: Tranquilli, in dogana troviamo un finanziere di Maddaloni.
Così fu: fece storie, poi capi, e allora Oscar di qua, Oscar di la’, ovviamente con l’accento sulla a.
Mi ricordo Atene: non ce l’avevo con Petrovic, mi dispiaceva per Caserta e soprattutto mi dispiaceva per lui, Oscar.
Mi ricordo quando vincemmo assieme il premio Nelson Mandela contro il razzismo per uno spot in cui dicevamo : il basket e’un sorriso, sorridi al basket.
E lui ritirando il premio, eravamo nel 91, venticinque anni fa, lui avanti al gruppo come solo i grandi sanno essere, disse: “Ho un figlio terrone nato a Caserta e una figlia polentona nata a Pavia. Si prenderanno in giro tutta la vita, saranno sempre fratelli.”
Mi ricordo come una ferita lo scudetto e devo spiegare perché: mi scocciava che si dicesse che con Oscar non si poteva vincere, perché in realtà lui è stato l’ombrello sotto al quale e grazie al quale sono cresciuti tutti.
Mi ricordo i venerdì al Mc Donald’s di corso Vercelli a Milano, un appuntamento privato che era ormai diventato pubblico.
Mi ricordo quanto mi ha fatto godere il giocatore e quanto mi ha fatto innamorare la persona.
Tutta la famiglia a dire il vero mi ha fatto innamorare.
Mi ricordo quel mattone sul tavolo nella casa di San Paolo: gli americani, che non sono poi sempre fessi, gli hanno regalato la prima pietra quando demolirono il palasport di Indianapolis perché gli dissero, con ammirazione, che in realtà la demolizione l’aveva cominciata lui battendo gli Usa, in casa loro, nei Panamericani.
Mi ricordo e ci ricordiamo ognuno il suo Oscar, e tutti insieme Oscar. Con l’accento sulla a.
Chiedo scusa per la lunghezza di questa dichiarazione, ma come canta quello certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano dove tutto è cominciato.
Caserta, Palamaggiò, la curva che canta l’orgoglio di essere meridionali.
Ci vediamo domenica a Caserta: per un selfie, un pianto, un sorriso, qualche canestro da 3.